lunedì 20 settembre 2010

L’editoriale del direttore Tania Di Simone

Differenziare si può. Lo dimostrano realtà vicine e lontane a quella farnese, che hanno fatto (o stanno facendo) della raccolta differenziata il vero “must cittadino”. Un’idea forse contestata dai più, che si avvicinano con diffidenza al “nuovo” e al “diverso”, ma che porta con sé, come in un circolo virtuoso, benefici che si riversano sull’intera comunità. Purchè, ovviamente, chi si trova al comando di questa complessa macchina organizzativa non sia colto da frenesia e giochi di potere, come alcuni recenti esempi hanno lasciato purtroppo immaginare.

Una comunità dedita alla raccolta differenziata è, anzitutto, una società in salute, perché non costretta a convivere con quantità eccessive di rifiuti da smaltire in discarica, con l’ovvia conseguenza di un ambiente più pulito e un’aria da respirare meno carica di tossine.

Una cittadina dedita alla raccolta differenziata è, inoltre, una società agevolata, soprattutto quando si parla delle tariffe relative allo smaltimento dei rifiuti. È ormai noto, infatti, che, in diverse parti del Paese, il porta a porta ha permesso agli utenti notevoli diminuzioni in fatto di tariffe, che in alcuni casi hanno toccato anche picchi del 20-30% quando si è puntato al riciclo totale della materia.

Per questo motivo, bisogna comunque sottolineare che la raccolta dev’essere finalizzata al riciclo e non all’incenerimento, perché materiali ben differenziati alla fonte vogliono anche dire vendita e, dunque, maggiore guadagno a fronte di minori investimenti. In un contesto in cui, è bene non dimenticarlo, è nota la richiesta di materiali introvabili come, ad esempio, legno da riciclo per la costruzione di pannelli truciolari (uno dei materiali maggiormente divorato dagli inceneritori).

Ovviamente, il porta a porta è anche disagio e questo è un elemento che non può essere omesso. Disagio per le famiglie, che cambiano necessariamente abitudini e situazioni. Per le strade di un paese, a rischio, soprattutto nel periodo estivo, di cani randagi e animali attirati dagli odori delle prime luci dell’alba. Disagi nel sistema di gestione della raccolta, che, almeno nel periodo iniziale, comporterà ritardi, sovrapposizioni e una nuova considerazione del personale.

È a questo punto che la macchina organizzativa (e chi ne è a capo) entra in scena. Gestire denaro pubblico significa, infatti, lavorare per il bene dei propri cittadini, facendo sì che, alla fine dei conti, i sacrifici e la disponibilità di una popolazione siano compensati da tariffe accessibili e qualità della vita migliorata. Al bando, quindi, appalti legati a conoscenze o interessi personali, a procedure “a chiamata” che scavalcano l’evidenza pubblica, a soci privati dal passato “oscuro” e dai presunti coinvolgimenti con inchieste antimafia.

Al bando ogni questione che mini la tranquillità di un comprensorio che “pigramente” va aprendosi alla civiltà.

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